Testi - Luce e Tenebre

La camminata meditativa, la sera del 19 GENNAIO 2015 dal Chiostro del Convento di Santa Maria del Cengio all’Eremo di Santa Maria, ha avuto come tema conduttore: “LUCE E TENEBRE”.
Lungo il percorso, ritmato dal silenzio della natura, dai passi silenti dei partecipanti, dal canto melodioso, sono state offerte alcune riflessioni/testimonianze, che ora vengono raccolte  come dono a chi ne fosse interessato.


CANTO INTRODUTTIVO DI PAOLA

Accendiamo tutti una candela nel chiostro e la portiamo davanti alla statua della Madonna in giardino.


INTERVENTO DI CINZIA
Tenebre e luce: due immagini contrapposte.
Il bianco, il nero. Una dualità che da una parte ci rimanda la sensazione di vuoto, disagio e solitudine con il buio, dall'altra un senso di pienezza, vitalità e gioia con la luce.
In realtà la nostra stessa esistenza si svolge tra continui contrasti che uniti insieme ci danno il senso del movimento e dell'andare avanti, poiché niente è statico e definitivo.
Pensiamo al ritmo del respiro, all'avvicendarsi dal giorno alla notte, al movimento dei nostri muscoli  veloce e dinamico di giorno, o totalmente abbandonato nell'immobilità del sonno. Insomma tutto intorno a noi è fatto di tenebre e luce, di grazia e terrore, la nostra stessa vita con la nostra morte lo è, almeno quella percepita dai sensi.
La vita scorre e per poterne percepire la bellezza nella sua luce spesso guardo il cielo, ....non di giorno, ma di notte.
Cosa ci suggerisce il buio della volta celeste?
Apparentemente ci sembra il nulla, il vuoto, la mancanza di certezza in quel profondo blu. Eppure se guardiamo l'oscurità presente tra una stella e l'altra la percezione dell'immensità aumenta. Se ci spostiamo tra una stella e l'altra tutto veleggia nel vuoto e se proviamo ad immergerci dentro realizziamo che non è affatto "assenza", ma ineffabile, inesprimibile Presenza.
Basta una piccola stella a far risaltare l'immenso che c'è fuori e dentro di noi. Allora con semplicità, così come lo abbiamo sentito cantare a Natale, dato che  Gesù è venuto al mondo "sceso dalle stelle", noi proveremo a risentire questa canzone suonata con la cornamusa da Roberto  pensando però di salire verso il cielo a prenderci una stella di luce. Sarà come ritornare a casa, un ricordare noi stessi, da dove veniamo e cosa siamo venuti a compiere in questa parte del pianeta.

Introduco il pezzo suonato con le parole (non integrali) di una canzone del musicista compositore A. Sparagna che ben si adatta alla camminata:



La Chiarastella

Nelle sere della Luna
se oltrepassi la collina
..
troverai la Chirastella.
Accarezza il suo calore
..
canta piano la canzone
per incanto s'alzerà.

Prenderà i cuori affranti
sulle ali della luce

scaccerà le tue miserie
con la scia del calore.
...
accompagna il mio cammino
scopri gli angoli di strada
che la stella ci ha lasciato.
Gli occhi tuoi hanno il colore
..
e il profumo della terra
riscaldata dalla stella.


ROBERTO SUONA LA CORNAMUSA:
un suono limpido, caldo e potente riscalda la fredda e buia serata.


INTERVENTO DI ELISA
Il profondo mi sgomenta e mi chiama. A volte sogno il vuoto, quello oltre la rete, quello buio dei pozzi, il vuoto al di là del terrazzo o dietro a un vetro dell’ultimo piano di un palazzo. Quando cammino su un ponte rimango ai margini del marciapiede e accelero il passo, ma il mio sguardo sfiora l’acqua e quando guido rischio d’invadere la corsia opposta pur di evitare il fosso oltre il ciglio, ma mi chiedo sempre cosa proverei se l’auto dovesse scivolare. La paura, costruzione del nostro Io, ci allontana dai nostri desideri.
Pensare che le persone che amo, che i miei figli, cadano mi spaventa, tanto. Ma nei miei sogni, grate si aprono, ringhiere cedono e nel loro tuffo verso il buio io mi sveglio tremante.
Reti, ringhiere, muri, vetri: il vuoto che temo è oltre i limiti. Costruisco protezioni eppure chi mi è accanto, cade ugualmente. Lo spazio aperto non mi spaventa, è ciò che cela il limite che blocca il mio respiro e serra la mia gola. Forse dovrei togliere le barriere e lasciare che sia.
Smettere di innalzare paletti, affacciarmi sul vuoto. Aprire il cuore alla possibilità e non temere di far soffrire chi mi è accanto se dovessi cadere o decidere di tuffarmi. Accettare il fatto che chi amo ha il diritto di conoscere le tenebre, non cercare di trattenerli. In tutta sincerità ora non ne sono in grado, però la vita mi ha fatto capire che non devo evitare il salto nel vuoto a chi ha bisogno di scendere nel blu ma che posso saltare anch’io e scivolare insieme.
Un viaggio nel profondo può essere condiviso. A me è capitato di dover conoscere le tenebre insieme a mia figlia ed entrambe eravamo perse e guida l’una dell’altra allo stesso tempo.
Caterina è venuta al mondo in fretta, poco dolore, tre spinte, tanta emozione: scivolata dal mio corpo, canale tra cielo e terra, è stata accolta dalle mie mani. Mi sembrò bellissima. Ricordo che pianse in modo vigoroso ma poi si calmò e iniziò a dormire. La tenni accanto a me per tutto il tempo, accostavo il suo viso al mio cuore, aspettavo che avesse fame di me, fame di vita. Ma Caterina non apriva la bocca per succhiare, non cercava nutrimento: dormiva profondamente oppure, verso sera, quando la luce calava insieme alle nostre forze, piangeva un pianto disperato e inconsolabile. Ogni giorno perdeva peso, dovevo tornare in ospedale per monitorarla, aveva un forte ittero: cercava il Sole. Provai in ogni modo a offrirle il mio seno gonfio di latte, trasbordante d’amore. Ero invasa dalla paura per la mia bambina che sembrava non voler accettare questo mondo, che non succhiava e cadeva in sonni profondissimi da cui dovevo svegliarla perché prendesse un po’ di latte. È difficile ascoltare e ascoltarsi quando l’angoscia cresce in te e urla dal tuo intimo, ma ho cercato di entrare in Caterina per capire le sue paure e i suoi bisogni: sentivo che aveva una grande nostalgia del luogo da cui veniva, che cercava la luce e che non accettava la sua caduta. Allora decisi di scendere nel pozzo con lei, di tenerla stretta mentre era nel buio: volevo trattenerla, dovevo darle di nuovo la vita. Furono giorni, mesi, di bagni insieme nell’acqua tiepida che ci avvolgeva come liquido amniotico.
Notti di sonno condiviso: io distesa, lei su di me, niente culla, insieme, pelle contro pelle. Furono giorni di passeggiate dentro la fascia a ritmo del mio cuore, di massaggi per coccolare il suo corpo e cercare un contatto.  Giorni di lacrime e di latte versato nel lavandino per evitare gli ingorghi che comunque furono molti: nodi che non volevano sciogliersi perché nessuno, succhiando, dipanava quei fili liquidi dal mio seno. Giorni di tubicini troppo difficili da spiegare. Giorni di bisbigli, di un nome sussurrato, Caterina, al suo orecchio. Di ricerca di Dio.
Ma fu anche il tempo in cui cercando mia figlia io ritrovai pezzi di me: mi rividi nell’incubatrice dove nessuno poteva toccarmi, riconobbi le lacrime di mia madre quando tentò di allattarmi ma io non sapevo come fare per incontrarla, sentii la mia angoscia quando lei cadde in depressione e accolsi quel mio primo anno di vita come un dono, abbracciando la bambina bisognosa d’amore che ero stata e liberandola dal peso del rifiuto.
Grazie a Caterina mi feci abbracciare da mia madre, non più ragazza di vent’anni, che sosteneva ogni mio sforzo chiedendomi di riuscire anche per lei, là dove lei non era riuscita.
Furono giorni di tenebra e poi mesi di luce e ombre: Caterina cresceva, era in questo mondo, amata dal suo meraviglioso papà, dai suoi fratelli, dai nonni. Mancava solo una cosa a cui io non volevo rinunciare perché, nonostante la ragione mi dicesse che poteva andar bene così, il mio cuore voleva nutrire mia figlia.
Caterina ancora non succhiava da me e io sentivo che il nostro percorso non era concluso. Provai ogni giorno, per sei mesi, a offrirle il mio seno finché l’incontro avvenne e sentii Caterina attaccarsi a me, radicarsi alle sue radici e succhiarne la linfa: ero nutrimento, fonte viva, di nuovo uno.


INTERVENTO DI LARA
Ho provato a scrivere qualcosa riguardante il tema Luce e tenebre, ma, a parte la consapevolezza che, in tutti noi, abitano sia le une che le altre, sentivo che dovevo aspettare di partecipare alla camminata meditativa, per esprimere i  miei pensieri.  Gianni, mio marito, mi ha fatto notare come, una concezione negativa, come le tenebre, in realtà possa essere positiva, quasi un punto di vista privilegiato, in quanto, quando sei nelle tenebre, puoi vedere quello che c'è nella luce, ma, quando sei nella luce, non puoi vedere cosa "abita" le tenebre. A tal proposito, mi é venuta in mente un'esperienza che ho fatto quasi due anni fa: un'amica, più delle mie amiche più care, che mia (questo lo specifico perché penso che, un vincolo più forte, avrebbe precluso la possibilità di vivere una tale esperienza) é venuta a mancare. Nel momento del trapasso, l'ho osservata, (spettatrice involontaria ma estasiata) passare, dalla paura per le tenebre che i suoi occhi le facevano "vedere", alla gioia della luce che la sua anima conosceva, gioia che lei espresse con una bellissima risata! I nostri occhi vedono le tenebre, la nostra anima sa che abiteremo nella luce!


CANTO DI NADIA: Luce di F.Mannoia

Non c'è figlio che non sia mio figlio
Nè ferita di cui non sento il dolore
Non c'è terra che non sia la mia terra
E non c'è vita che non meriti amore
mi commuovono ancora i sorrisi
e le stelle nelle notti d'estate
i silenzi della gente che parte
e tutte queste strade.

Fa' che non sia soltanto mia
questa illusione
fa'che non sia una follia credere ancora nelle persone.

Luce, luce dei miei occhi dove sei finita
lascia che ti guardi dolce margherita
prendi la tua strada e cerca le parole
fa' che non si perda tutto questo amore, tutto questo amore.

Non c'è voce che non sia la mia voce
Nè ingiustizia di cui non porto l'offesa
Non c'è pace che non sia la mia pace
e non c'è guerra che non abbia una scusa.
Non c'è figlio che non sia mio figlio
nè speranza di cui non sento il calore
non c'è rotta che non abbia una stella
e non c'è amore che non invochi amore.

Luce, luce dei miei occhi vestiti di seta
lascia che ti guardi,dolce margherita.
Prendi la tua strada e cerca le parole
fa' che non si perda tutto questo amore.

Luce, luce dei miei occhi dove sei finita
lascia che ti guardi, dolce margherita
prendi la tua strada e cerca le parole
fa' che non si perda tutto questo amore,
tutto questo amore.



INTERVENTO DI FRANCO
L’intenzione di questa sera era quella di osservare qualche stella luminosa, in tema con la serata. Purtroppo le nuvole non ce lo permettono e quindi le possiamo solo immaginare.
Confermo comunque il concetto che ha espresso Lara: la luce per risaltare di più ha bisogno delle tenebre perché al buio si propaga con più forza e velocità.


INTERVENTO DI FRANCESCA


CANTO DI OSCAR: L’ombra della luce – Franco Battiato

Difendimi dalle forze contrarie,
la notte, nel sonno, quando non sono cosciente,
quando il mio percorso, si fa incerto,
E non abbandonarmi mai...
Non mi abbandonare mai!

Riportami nelle zone più alte
in uno dei tuoi regni di quiete:
E' tempo di lasciare questo ciclo di vite.
E non mi abbandonare mai,,.
Non mi abbandonare mai!

Perchè, le gioie del più profondo affetto
o dei più lievi aneliti del cuore
sono solo l'ombra della luce.

Ricordami, come sono infelice
lontano dalle tue leggi;
come non sprecare il tempo che mi rimane.
E non abbandonarmi mai...
Non mi abbandonare mai!

Perchè, la pace che ho sentito in certi monasteri,
o la vibrante intesa di tutti i sensi in festa,
sono solo l'ombra della luce.


INTERVENTO DI ENRICO

Quando percorro un sentiero come questo, preferisco farlo senza l’ausilio di torce e pile. Sono consapevole che avrò più possibilità di scivolare e cadere, ma ciò non mi impedisce di apprezzare di più la camminata al buio.
Sento maggiore l’energia della terra e la soddisfazione di farcela.


CANTO FINALE DI SILVIA davanti all’Eremo

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