Testi - Dolore

La camminata meditativa, la sera del 24 marzo 2014 si è svolta all’interno del Chiostro con una sosta davanti alla statua della Vergine Maria in giardino per poi terminare in Chiesa. A causa del terreno scivoloso si è preferito evitare la salita all’Eremo ed ha avuto come tema conduttore: “La bellezza del dolore ”. Lungo il percorso, ritmato dai passi silenti dei partecipanti, dal canto melodioso, sono state offerte alcune riflessioni/testimonianze, che ora vengono consegnate come dono a coloro che lo desiderano.


INTRODUZIONE DI NICOLETTA

In questo tempo di Quaresima, che ci invita a fare vuoto dentro di noi, a digiunare da tutti i pensieri spesso inutili e "intrappolatori", mi piace ricordare le parole di Etty Hillesum: “C'è in me un pozzo molto profondo. E in questo pozzo c'è Dio. A volte riesco a raggiungerlo. Ma, la maggior parte delle volte, pietre e calcinacci ostruiscono il pozzo, e Dio vi è sepolto. Bisogna allora riportarlo alla luce”. Scrisse queste parole il 26 agosto 1941 e sono state fonte di ispirazione nella ricerca del proprio Sè per molti uomini e donne di questo tempo.
Allora che posto occupa il dolore nella nostra vita?
Riusciamo a fargli spazio? a dargli la possibilità di scavare il pozzo?
Il dolore che conosciamo di più è fisico, emozionale, mentale?
E come possiamo integrarlo nel nostro vissuto?
Siamo capaci di aprirgli la porta e di lasciarlo abitare in noi senza permettergli di farla da padrone?
Queste e molte altre domande e riflessioni si affacciano in me: cosa dite? proviamo a rispondere?
Proviamo a fermarci un attimo ed ascoltarci?



INTERVENTO DI LAURA

Non so spiegare il dolore posso solo abitarlo, aperta al presente, momento nudo della vita dove non posso più nascondermi.
Gli occhi si impastano di lacrime e ricordi; vivo di spazi di silenzio, di respiri conquistati.
La carne congelata sente la fragilità, diventata il confine di me da accarezzare.
Nella notte voce di donna mi chiede di ascoltare il canto di un bambino che mi prende per mano.
Sogni senza parole, di finestre che spalanco piano per far entrare la Luce.
Osservo e con fiducia mi affido, le porte del cuore si aprono come petali di un fiore profumo di libertà che sono.
Cerco e raccolgo i pezzi di me lasciati per farne vita e Amore.


INTERVENTO DI ISMA

Scrivere questo intervento mi è costata fatica è una volontà grande. Da pochi giorni esco da un dolore fisico che mi ha fatto sentire davvero vulnerabile. Ricordo i dolori e di lacerazioni che mi hanno serrato la mente e la parte più nascosta profonda di me. Ma un dolore fisico così insistente e insopportabile non l’avevo mai provato. Non ero mai passata per questa strada. Poca luce che illuminava i pensieri e il mio corpo, e l’oscurità che mi faceva piegare verso di sé.
QUESTO DOLORE MI HA FATTO SENTIRE IMMOBILE E PRIGIONIERA.
Ho inveito contro tutti e nessuno, e non solo per il dolore, soprattutto per non riuscire a fare tutto ciò che voglio perché il mio braccio e la mia spalla non me lo permettono. Mi sono sentita come se non ci fosse niente che mi possa guarire. Tutta questa immobilità mi ha ricordato quando fino a pochi anni fa lo ero veramente immobile. Sprecavo il tempo vegetando sul divano, non mi sfiorava l'idea che si potesse vivere in modo diverso. E il veleno che provo ora, adesso che vorrei coltivare l'orto fuori e dentro di me, scavando la terra con mani poco esperte, sradicando radici vecchi che vivono in essa ma anche nella parte più profonda di me. Sono davvero molto furente, e non so se con me stessa o con chi altro. In tutto questo dolore le mie preghiere a Dio e alla Grande Madre si spezzavano; non arrivavano mai la fine. Allora ricominciavo e ancora si spezzavano. Mi sono chiesta dov'è la mia fede, il mio affidarmi, il mio abbandonarmi. Non ho trovato risposta. Ho trovato respiro e spalle forti che fisicamente ed emotivamente mi hanno sorretto accarezzandomi con parole di luce e amore travolgente. In questo dolore dentro e fuori penso che no, ancora non riesco ad affidarmi completamente a Dio; sono una vigliacca che chiede ma ha anche paura ad abbandonarsi. Perché abbandono è riuscire per me a sentire questo dolore accogliendolo e basta, lasciandomi cullare fra le braccia amorevoli della Grande Madre e dei miei instancabili compagni e compagne di viaggio che non ringrazierò mai abbastanza.
Il dolore in ogni sua forma che sia fisica o emotiva che sia in una ferita interna e antica mi fa solo pensare a quanto coraggiosi si possa essere nel mostrarla senza vergogna. Nel dolore a me viene solo da scappare, rintanarmi in qualche buco mal scavato e non farmi vedere da nessuno. Ci vuole un coraggio davvero grande per mostrare un cuore dolorante, una ferita che fatica a cicatrizzarsi, un corpo che si ribella urlando BASTA.
Un coraggio che solo sorretto da Dio, conforta, e ci adagia nelle mani di chi ci vede sofferenti ed impotenti. È un coraggio che mi viene a mancare, fatico a mostrarmi nel dolore, ma non riesco mai a nascondermi abbastanza bene, vengo sempre tirata fuori dalla mia stanza buia; compagne meravigliose mi afferrano prima che ci possa  stare troppo a lungo e Dio che non mi lascia mai sola anche se le mie preghiere si spezzano nell’invocarlo mi accudisce sempre così bene da poter trovare la forza per rialzarmi e continuare, anche con un corpo stanco, il mio cammino.


INTERVENTO DI MICAELA

Mentre per l'Amore esistono vari modi d'amare credo che il dolore invece si manifesti a tutti nello stesso modo....non parlo di quello fisico però.  Il dolore secondo me è l'unica emozione che accomuna tutti gli esseri umani sulla terra. Il dolore è qualcosa che ti schiaccia, che ti lascia senza fiato, che ti fa andare fuori di testa, che cancella tutti i tuoi punti di riferimento. Il dolore può essere paragonato allo scoppio di una bomba nucleare. ... nel punto in cui esplode c'è la devastazione più totale, tutto è raso al suolo, nulla di ciò che c'era prima esiste ancora.  Al posto di tutto ciò che ci abitava prima rimane un vuoto enorme che fa molto male. Poi, probabilmente, stanchi di tutta quella devastazione da immobili che siamo,  qualcosa dentro di noi comincia a farsi strada.....è lo spirito di sopravvivenza che pian piano ci aiuta nella ricostruzione e ci aiuta a risalire verso la luce. 
Facendo queste riflessioni credo di aver capito cosa spinge le persone al suicidio, me lo sono chiesta tante volte...Probabilmente la devastazione lasciata dal dolore è talmente grande che esausti preferiscono togliersi la vita che continuare a provare tutto quel vuoto e quel male......
Concludo chiedendo al Signore di darci la forza in questo momento molto difficile dove le nostre sicurezze pian pianino si stanno sgretolando, di trovare dentro di noi quella scintilla che ci permetta di vedere anche se tutt'intorno a noi è buio. Grazie

In cerchio per mano, attorno al pozzo del chiostro, cantiamo evenu shalom



INTERVENTO DI EMANUELA

In questi giorni ho provato a dare una risposta ai quesiti proposti e i pensieri che sono affiorati sono stati molti e vari.
Ho pensato al pozzo, a quel pozzo che proprio ieri la liturgia ci ricordava: la donna che di nascosto, proprio per non essere vista dalla gente del suo villaggio, che non approvavano le sue scelte di vita, va al pozzo, in un'ora non consona, a rifornirsi di acqua e qui , ad attenderla, trova Gesù, il Signore, che le propone un'acqua diversa, viva, fresca e illuminante per la sua vita, fatta soprattutto di cambiamento di mentalità.
Ho pensato a tutte le volte che mi sono sentita stanca, sfiduciata, triste, ma ben attenta che la gente del mio villaggio non lo vedesse. E cercavo, con gli occhi ben chiusi, aiuto in pozzi che non avrebbero potuto minimamente aiutarmi, non perché cattivi o insensibili, ma semplicemente perché non lo potevano fare in quanto non ne avevano i mezzi e la conoscenza, e non mi accorgevo, che Gesù, il Signore della Vita, era li accanto a me. Non potevo accorgermene perché, o tenevo gli occhi chiusi o semplicemente guardavo da un'altra parte.
Con estrema gentilezza e pazienza la Vita ha iniziato a farmi capire che tutte le ferite, le rabbie e i dolori che tenevo ben serrati dentro di me e non mi permettevo più di sentire, e men che meno di ascoltare, dovevano essere curati e ha trovato l'unico modo possibile per farsi sentire: attraverso il dolore del corpo.
Ha iniziato con un messaggio un po' pesante, ma sacrosanto e benedetto, che mi ha dato il colpo di risveglio e il desiderio di capire cosa mi stava comunicando.
E soprattutto di guarire. Ho cercato di ascoltarlo e capirlo. Certo, all'inizio in modo acerbo quasi a tentoni, ma una volta aperta la diga, che mi ha messo faccia a faccia con questa ferita, che, senza eufemismi, mi stava paralizzando, non si è più fermato lasciando uscire dolori che tenevo nascosti da molto tempo,  spesso accompagnati da disturbi fisici, più o meno importanti.
Da quando ho preso consapevolezza di  questo meraviglioso strumento che il mio corpo usava, lavoro su me stessa proprio attraverso i sintomi che mi invia.
Non è sempre facile, anzi, e per nulla piacevole, ma è il modo più semplice ed efficace che il mio corpo ha  trovato per permettermi di fermarmi a fare due chiacchiere con la mia parte più profonda.
Questa riflessione non voglia essere intesa come un inno al dolore e al sacrificio, già per altro, per secoli osannato e reso in qualche modo sacro dalla religione, ma una semplice costatazione dell'importanza, direi propedeutica, che ha avuto nel mio percorso di crescita e di ricerca.
Percorso solo iniziato, ma con la certezza di avere uno strumento utile e alleato.


INTERVENTO DI SONIA

E parto da lontano dalle domande, il senso, cosa significa, quali sono i meccanismi che lo governano, come gestirlo, evitarlo, alleggerirlo, come aiutare chi sta nel dolore.
Poi mi si presentano i volti che ho incontrato con il mio lavoro, quello che ho sentito. Sono stati incontri forti importanti quelli con il dolore degli altri: la malattia, la sofferenza, la morte, il lutto, il carcere.... ogni uno si confronta con il proprio dolore e anche se sembriamo impotenti al loro fianco posso dare dignità a questo momento.
Io mi sento di poter starti vicino, sono presente, silenziosa, commossa.
Ho una risorsa che rende il mio silenzio fiducioso: Cristo sulla croce si è caricato del tuo e del mio fardello....provo lasciarlo andare. Questo mi aiuta molto. Sto lì in contemplazione, respiro calma senza pensare; è un momento da vivere così. Posso starti vicino.


In chiesa:


SABRINA LEGGE UNA RIFLESSIONE DI LARA

La bellezza del dolore.
Mi é sempre mancato il coraggio di guardare in fondo al pozzo, anzi, sono sempre scappata dal dolore perché, quando arrivava, la faceva da padrone, devastava la mia mente, ripercuotendosi sul fisico. Ho usato i pezzi della mia vita per chiudere il pozzo..... ma Lui, che é nel fondo, ha deciso che il dolore non serviva ad annullarmi, ma ad insegnarmi qualcosa:  mi ha fatto vedere dei spiragli di luce e mi ha fatto conoscere chi poteva aiutarmi. Mi sono messa a scavare: non è facile e so che la mia fede é piccola. Di fronte alle prossime prove della vita, probabilmente, scapperò ancora, ma almeno,  quelle passate, le sento come un dono da onorare, per chi si è sacrificato per rendermi una persona migliore. GRAZIE!!! 


SILVIA CANTA: L’alchimista



Ogni passo nell’amore
istruzioni universali,
imparare ad ascoltare
le lezioni della roccia
profumo di foglie e  resina tra le dita…

RIT
Osa! Acqua trasforma
Osa! Legno che cresce
Osa! Fuoco alimenta
Osa! Terra che accoglie
Osa! Metallo, oro diviene.
Nasce così il coraggio di vivere… (x2)


In leggerezza esistere
capire, accogliere e arrendersi
senza troppo pretendere
risoluto, accettarsi
profumo di foglie e  resina tra le dita…

Trasforma il tuo soffrire
in consapevolezza
la tua montagna di problemi d’incertezza
in illuminazioni per cui capire
Profondamente nell’adesso
Profondamente nell’essere te stesso



RIT
Osa! Acqua trasforma
Osa! Legno che cresce
Osa! Fuoco alimenta
Osa!  Terra che accoglie
Osa! Metallo, oro diviene.


Nasce così il coraggio di vivere…
Sei l’alchimista della tua vita (x4)



INTERVENTO DI NADIA

Di fronte a questo tema la prima reazione è stata quella di scappare, che non toccava a me parlare del dolore, perché parlare del dolore è un po’ mettersi a nudo. Troppe volte per me il dolore è stato una condizione  da non far vedere, da mascherare.
Se mi volto indietro e  riguardo la mia vita per me il dolore è associato in particolare alla morte, se penso a tutte le persone care che non ci sono più c’è tutta una linea maschile che manca nella mia famiglia,mio padre, mio fratello,mio figlio.
E’ una riflessione che mi è difficile da fare perché in questo mio vedermi di fronte al dolore mi vedo brutta, qualcosa da cui ho cercato di difendermi, di non farmi toccare, ma nello stesso tempo mi ha reso indurita esternamente, ma con tante lacrime dentro alle quali ho dato difficilmente sfogo, proprio perché non bisogna farsi vedere fragili.
Quanto dolore fisico per trattenere tutto questo, spalle piegate dal peso tanto da non riuscire a stare in piedi a lungo, quante visite per cercare un perché esterno quando il perché era tutto dentro me, quanti sguardi abbassati e testa china per non far vedere , un macigno che dovevo portare tutto da sola perché gli altri non potevano capire,  non dovevano capire e soprattutto non ne dovevano parlare. Voler farmi vedere coraggiosa sempre, ma anche per guardare in faccia il dolore ci vuole coraggio.
I passi fatti fino ad oggi mi hanno portato a far si che il dolore potesse entrare dentro me, anche quando fa male, guardarlo prima da lontano e poi sempre più da vicino, prenderlo per mano il tempo necessario e far si che non mi sentissi più di pietra di fronte a questo.
Tutto ciò mi ha aiutato anche ad aver  più sensibilità e rispetto del dolore degli altri che tante volte in passato invece mi infastidiva perché non ci si poteva mostrare deboli, solo in privato dove nessuno ti vede ti sente e ti  abbraccia per consolarti.
Il dolore per me  è annientamento, mi toglie il respiro, mi fa chiudere gli occhi e stringere tutta, ma quando riesco a lasciarmi andare e li riapro  mi accorgo che chi mi ha visto nel dolore non mi giudica, è anche liberazione e condivisione senza barriere nella comprensione totale, anche se non sempre ci riesco perché è forte l’insegnamento del “non far vedere”.
Il dolore profondo lascia sempre il segno, una cicatrice che non dimentichi, ma il tempo di dà la possibilità di guardarla con occhi diversi, è la diversità che il dolore stesso ha creato.



LA PERLA

DISSE UN’OSTRICA A UNA VICINA: “HO VERAMENTE UN GRAN DOLORE DENTRO DI ME. E’ QUALCOSA DI PESANTE E DI TONDO, E SONO STREMATA”. RISPOSE L’ALTRA CON BORIOSO COMPIACIMENTO:”SIA LODE AI CIELI E AL MARE, IO NON HO DOLORI IN ME. STO BENE E SONO SANA SIA DENTRO CHE FUORI”. PASSAVA IN QUEL MOMENTO UN GRANCHIO E UDI’ LE DUE OSTRICHE, E DISSE A QUELLA CHE STAVA BENE ED ERA SANA SIA DENTRO CHE FUORI: “SI’ TU STAI BENE E SEI SANA; MA IL DOLORE CHE LA TUA VICINA PORTA DENTRO DI SE’ E’ UNA PERLA DI STRAORDINARIA BELLEZZA”:



INTERVENTO DI ENRICO

Cercando di rispondere alla domanda "che posto ha il dolore nella tua vita?"
Abbiamo ripercorso e condiviso gli episodi dolorosi di questi anni di vita e ci siamo accorti che il dolore di fatto si è sempre posizionato nel punto di inizio del cambiamento e della trasformazione, rappresentandone quindi la scintilla e la spinta fondamentale.



Ci mettiamo tutti in ginocchio per rivivere il dolore dandogli il giusto tributo
 

Concludiamo tutti insieme davanti all'altare cantando il Magnificat

Magnificat anima mea Dominum

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