Commento al brano del vangelo Giovanni 14,5-31



Predica Zoraima Ruzzante


Le prime volte che avevo ascoltato il Vangelo di Giovanni avevo subito provato un po' di antipatia per questo personaggio che non aveva creduto subito a Gesù e che aveva avuto proprio bisogno di scomodare il Signore per toccarlo, tanto da diventare protagonista anche di proverbi: "sei come San Tommaso che non ci crede se non ci mette il naso". Invece con il tempo ho scoperto quanto è simile a noi e che volto misericordioso di Dio ci permette di contemplare Tommaso. Anche perché se ascoltiamo la sua storia anche noi al suo posto, forse, avremmo fatto lo stesso.

Tommaso è una persona che ha subito un lutto. La persona che lui aveva amato, con cui aveva vissuto, per cui aveva rinunciato a tante cose, con cui aveva sognato di portare la felicità, il Regno dei cieli a tutti in questo mondo, è morto. Tommaso si sente perso, solo e con un dolore profondo che lo paralizza. Lo stesso dolore che ciascuno di noi ha provato quando ha perso una persona amata come il marito o la moglie, un papà o una mamma, un nonno o una nonna, un figlio o una figlia. Io ho perso mio papà due anni fa e mi sento ancora persa come San Tommaso.

E oltre al danno la beffa: Gesù appare agli altri apostoli e lui non c'era. Tommaso si sente ancora più solo, vede gli altri intorno a sé rinascere, essere più felici, più fortunati di lui, invece lui è ancora chiuso nel suo dolore, nella sua fatica, nei suoi dubbi e vuole un segno per credere. Lui ha bisogno ancora di vedere, di toccare, la persona che lui ha amato in carne ed ossa, sentire ancora il calore di un suo abbraccio, sentire le sue parole di conforto, guardarlo negli occhi ancora una volta, e forse nel suo cuore ha ancora tante parole da dire.

Tommaso è anche scettico perché i suoi occhi ne hanno viste di cotte e di crude, come noi quando ci guardiamo intorno o guardiamo il telegiornale: quanta ingiustizia, quanto dolore e sofferenza inutili, quante persone che vengono lasciate, tradite, quante persone che perdono il lavoro, la casa, quanta povertà, quante mani bucate da chiodi, quanti corpi trafitti. Tommaso rimane bloccato, fermo, chiuso nel suo dolore e nella complessità del vivere. Ma il Signore ascolta il dolore di Tommaso e si offre a lui.

Gesù sembra dire a Tommaso: "eccomi sono qui per te, sono qui per farti capire che una vita vissuta nell'amore non può morire. Sono qui per dirti che ti voglio bene, sono qui per dirti che devi tornare a vivere, che non devi perdere la speranza, che dentro di te ho messo il mio spirito perché tu possa credere tutto questo". Gesù sembra dire:"nel cuore del cielo sta per sempre carne d'uomo ferita. Il tuo dolore non è cosa da poco, è scolpito nella mia carne, me lo porto addosso. Ogni volta che il tuo cuore è ferito viene ferito anche il cuore di Dio: guarda la ferita che ho sul mio costato. La ferita sul costato di Cristo è, però, una ferita da cui continua ad uscire vita. Se vi ricordate Giovanni, nel racconto della Passione, aveva detto che quando Gesù era già morto e gli avevano infilato la lancia nel costato erano usciti acqua e sangue. La stessa acqua con cui attraverso il battesimo rinasciamo a nuova vita e il sangue che ricordiamo con il vino della festa e della gioia nell'Eucarestia. Tommaso allunga la mano e tocca quelle ferite che sono come aperture, Tommaso guarda dentro a quei fori, fino quasi alla vertigine, per entrare nel cuore di Dio e dà lì torna alla vita, rinasce dall'alto, dallo Spirito dell'amore di Cristo, vede le piaghe che guariscono ed esclama: "Mio Signore e mio Dio".

Ma la gioia del Risorto non può fermarsi, non può essere contenuta, deve essere portata. Gesù dice andate e perdonate, andate ed aprite i cuori, perché il vostro cuore per primo è stato amato, è stato perdonato, è stato capito, è stato consolato, è stato ascoltato e non da una persona qualunque ma da Dio stesso. Beati quindi noi, noi che possiamo ancora essere felici anche se facciamo fatica, anche se proseguiamo con mille dubbi, a tentoni come chi non vede, a chi ricomincia ogni volta Gesù risponde come aveva risposto a Tommaso e ai dodici che gli domandavano:" Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?" (Gv 14,5) Egli dice: "Non sia turbato il vostro cuore perché io vi prenderò con me perché siate anche voi dove sono io e del luogo dove io vado voi conoscete la via. Io ho pregato il Padre perché vi dia un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto. Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi, il mondo non mi vedrà più ma voi mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. Vi lascio la pace, vi dò la mia pace".(Gv 14,5-31) 

Zoraima Ruzzante
 

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