Vangelo Aprile 2016

Domenica 24 aprile 2016

Vangelo di Giovanni 13, 31-35:

Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri.



Questo passo del Vangelo è breve ma estremamente denso. Gesù ci lascia la sua eredità, il messaggio più importante. Ci dice che al primo posto non viene la saggezza, la felicità, la pace dell’animo ma l’amore. Questo è il comandamento nuovo e rivoluzionario. Ci porta di colpo nella relazione con l’altro e nella relazione con la parte più profonda di noi stessi. Ci dice anche il tipo di amore con cui possiamo amare. L’amore che lui ha avuto per gli altri nel corso della sua vita. Guardando al suo percorso mi ritornano alla mente alcune caratteristiche del suo amore:
l’amore di Gesù è:
-un amore che scardina, che rivoluziona, che ha il coraggio di opporsi alle regole, alle chiacchiere, alla paura, abbracciando il lebbroso, la prostituta, il peccatore;
-un amore libero, che dà libertà, non trattiene, né incatena;
-un amore che perdona nella verità portando tutto in piena luce;
-un amore così forte che dopo anni di immobilità guarisce all’istante malattie e traumi dell’anima;
-un amore che arriva a tutti senza distinzioni e senza confini;
-un amore che nutre placando fame e sete.
Questo Vangelo mi interroga sul mio essere amata e sulla mia capacità di amare. Mi sono sentita amata nel modo in cui dice Gesù ?

Mi sono sentita amata e nutrita così dalla natura:
- da alcuni cieli stellati in montagna e da alcuni boschi; mi sono sentita amata così dalla vita: in alcuni momenti in cui mi sono trovata al posto giusto nel momento giusto;
- da Dio: ricordo una volta in cui dovevo fare un esame difficile in gravidanza e mi sono svegliata con le parole della canzone “Tu Dio che conosci il nome mio”. Avevo molta paura. Il Dottore che mi conosceva da mesi ha ammesso di non ricordare il mio nome quando doveva chiamarmi. Lì ho ricordato la canzone e ho sentito che ero in mani ben più grandi.

Mi sono sentita amata anche dalle persone. Non c’è stato bisogno di presentazioni, non hanno dovuto dirmi che erano discepoli di Gesù. Quando è successo il mio cuore li ha riconosciuti. In quei momenti ho sentito il tipo di amore di cui parla Gesù. Mi sono sentita amata e accolta fino in fondo, così come sono, senza “ma potresti essere” o “se tu facessi”, amata nelle mie luci e nelle mie ombre in un presente senza tempo. E’ stato un vedermi, un abbracciarmi, un esserci.

Riesco io ad amare così? Sento nel mio modo di amare il trattenere, il controllare, il preferire, il misurare ma sento anche l’entusiasmo per questa sfida e la voglia di allargare le pareti di questo cuore.

Il richiamo di Gesù che oggi sento più forte è proprio questo: ama gli altri così come sono, qui ed ora, lasciandoli liberi di essere, nelle loro luci e nelle loro ombre e così fai con te stesso.

Tatiana



Mi colpiscono due parti di questo testo: la figura di Giuda e il nuovo comandamento annunciato.
Giuda è il traditore per eccellenza, messo da Dante coi suoi simili nella parte più buia e inospitale dell’inferno, vicino a Lucifero. Ma come è possibile che egli rappresenti una parte noi, anche se cerchiamo di essere fedeli alle promesse e alle persone amate? Tradire letteralmente significa consegnare, (ha la stessa radice di tradizione), e come Giuda è stato libero di consegnare Gesù ai suoi carnefici, così ognuno è libero di consegnare la parte più sacra di sé agli altri, rinunciando a un sogno, un progetto, un sentimento autentico per qualcosa in cambio, approvazione, paura, giudizio, proprio come i trenta denari.
L’altra parte che mi affascina è l’espressione “amatevi gli uni gli altri”: non dice semplicemente “amate gli altri”, ma usa una formula che dà l’idea dello scambio e dell’essere gli uni davanti a uno specchio, gli altri. Visti così, anche gli altri che possono commettere nei nostri confronti ingiustizie o offese, risultano parte di una relazione ineliminabile che ci apre a una relazione sempre aperta, estranea all’esclusione e all’allontanamento.

Francesca


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